25 anni, viso giovane e fresco, fisico stellare. E chi non vorrebbe essere così? Il desiderio di bellezza (e giovinezza) influenza gusti, acquisti e tendenze mainstream e dà un impulso decisivo a chirurgia plastica e medicina estetica. Non è un vizio o un capriccio, ma un racconto di passione, eccellenza, unicità, ricerca, tecnologia, benessere psicofisico e trattamenti dai risultati inaspettati quello che ci porta sulla strada della Rejuvenation. E se da anni negli States una seduta di medicina estetica si prenota con la stessa leggerezza (e frequenza!) di un appuntamento dal massaggiatore, dal parrucchiere o dall’estetista, anche in Italia oggi succede lo stesso, coinvolgendo dalla Generation Z alle Millennials, dalle Baby Boomers over 70 fino agli uomini di qualsiasi età.
Rejuvenation, fra “Proage” e “Antiage”. Ma qual è la differenza? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Maria Stella Tarico, chirurgo plastico specialista e master in medicina estetica.
Proage e Antiage: come affrontano l’invecchiamento?
“La differenza sembra molto sottile, ma in realtà i due approcci sono diversi. L’approccio Proage prevede di invecchiare bene, mirando al benessere con terapie non invasive che accolgano i cambiamenti del tempo attenuandone i difetti, mentre l’approccio Antiage prevede trattamenti preventivi e correttivi che nascondano gli inestetismi, rallentando il più possibile l’invecchiamento. In ogni caso i più richiesti sono i trattamenti rivitalizzanti e in generale i protocolli di ringiovanimento viso e rimodellamento corpo per le donne, e la ridensificazione o il trapianto dei capelli per gli uomini ”.
Il desiderio di sentirsi (e vedersi!) giovani più a lungo, per mantenere negli anni una condizione fisica e mentale ottimale: curare gli inestetismi e i segni del tempo, in ogni caso, può essere considerata cosa buona e giusta. E tra terapie rigenerative e trattamenti di bellezza, tutti scoprono la beauty experience, un’occasione per provare sulla propria pelle procedure tradizionali o innovative. Una full immersion nel benessere più profondo da cui riemergere completamente rinnovati, tra una sessione di laser e quattro chiacchere con il nutrizionista. Ma senza eccessi.
“Migliorare la qualità della vita – continua la dottoressa Tarico – di chi vive un disagio a causa di un difetto fisico, trovare le giuste soluzioni con programmi di prevenzione e terapia dell’invecchiamento, trattare gli inestetismi traumatici o le alterazioni estetiche costituzionali è una disciplina preventiva, correttiva, restitutiva e riabilitativa a sfondo sociale. Per chi invece desidera fare di tutto per vedersi giovane e bello per sempre, non abbiamo a disposizione pozioni o incantesimi, e la fonte della giovinezza non è ancora stata trovata. La cosiddetta sindrome dello specchio si chiama dismorfismo, ed è un disturbo psichico: distorcere la propria immagine, vedere difetti fisici (che a volte non esistono) e ingigantirli, desiderare di somigliare a questo o a quel personaggio famoso stravolgendo il proprio aspetto. Qualsiasi sia l’intervento richiesto dal paziente, è fondamentale prestare attenzione al tema degli eccessi. Compito del buon medico è non assecondare le richieste poco ragionevoli. In un mondo sempre più accogliente verso i principi di body neutrality e body positivity, dove anche i corpi e i volti “diversi” da quelli che seguono i cosiddetti canoni estetici vengono riscoperti per la loro unicità e bellezza, ci sembra ovvio che la filosofia del “less is more” sia sicuramente preferibile”.
Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame? Solo la strega malvagia di Biancaneve! Evitiamo i paragoni e dedichiamoci a diventare la migliore versione… di noi stessi!