di Maria Stella Tarico
17 maggio 2019
La Gratitudine, la comunicazione di un riconoscimento del valore degli altri, piena di grazia nella stessa etimologia della parola, dove si cela un racconto ricco di sensibilità: la consapevolezza del contributo che il resto del mondo sta dando alla nostra vita. Saper dire grazie può svelare molto della forza e della vulnerabilità che ogni persona racchiude in sé. Un messaggio in cui si condensa l’ideale di umiltà e insieme di superiorità che il genere umano più elevato sa interpretare. Grazie. Un inestimabile marchio di valore, simbolo di autentica riconoscenza, che nobilita oggetto e soggetto. In certi ambienti sembra un sentimento scomparso, ingoiato dall’assuefazione, o peggio da sistemi di credo di estrema protezione della propria sfera psicologica, come il rifiuto egoistico di accumulare debiti di riconoscenza, la disonestà intellettuale di chi non può accettare di aver ricevuto un beneficio, o ancora la paura, nata da quell’attesa, delusa, di un beneficio disatteso, che può creare odio, rabbia e frustrazione, e che inibisce il potenziale umano. Ma è una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto (Antoine de Saint Exupery, da Il piccolo principe). La Gratitudine, invece, con la sua carica emozionale positiva, è il profumo della vita, e nel mondo è più viva che mai. Ma concentriamoci per un attimo su una delle cause più comuni dell’ingratitudine: l’assuefazione. Anche chi pensa positivo, chi è filantropo, chi è dotato di una forte intelligenza emotiva, a volte rischia di cadere in questo tranello. Immaginiamo di entrare in profumeria: piacevoli fragranze vellutate, essenze con bouquet di fiori, o speziate, o ancora fruttate, frizzanti ed energiche, avvolgono il nostro naso, ispirano, ipnotizzano, inebriano, stimolano il nostro benessere fisico, eccitano i nostri sensi. Un’emozione olfattiva che ci collega a sensazioni positive, a ricordi, a sogni e desideri. Ma dopo un po’, succede qualcosa: il profumo non lo senti più. Il tuo olfatto si è abituato. Succede lo stesso alla nostra sfera dei sentimenti: ci abituiamo alla quotidianità di ciò che abbiamo e che ci viene dato, diventiamo meno sensibili alle sollecitazioni positive che ci circondano. E questo effetto di assuefazione è provato scientificamente da diverse ricerche. Il senso di appagamento, di soddisfazione, dopo un po’ si involve in normalità, e diventiamo meno capaci di godere, dando tutto per scontato. L’assuefazione è l’anticamera del malessere, e l’antidoto si chiama Gratitudine: riconoscere di aver ricevuto un dono, e riconoscere che in parte questo dono non dipende soltanto da noi, anche se lo abbiamo meritato. Chi prova Gratitudine esce dal proprio ego e si connette con il resto del mondo. Non potremmo essere ciò che siamo senza il contributo degli altri. La Gratitudine e la Felicità sono correlate. Riassunte in un libro che ha il titolo Thanks, e il sottotitolo come praticare la Gratitudine può renderti felice, di Robert A. Emmons, ci stimolano ad esercitarci, ogni giorno, a sentire il profumo della vita. Negli Stati Uniti ne hanno fatto una festa nazionale, un giorno sacro, il Thanksgiving o Giorno del Ringraziamento, sublimando il sentimento dei Padri Pellegrini, grati per il raccolto della terra e per quanto ricevuto durante il primo anno trascorso nel Nuovo Mondo. Noi vogliamo farne un rito quotidiano, un atteggiamento, una mentalità. Quale insegnamento ricevo ogni giorno dai miei pazienti? Oggi in sala operatoria mi interrogavo su questa domanda, e tra un punto di sutura e l’altro, ho tentato di mettere in ordine idee e risposte. Certamente molti dei miei pazienti mi hanno aiutata ad attribuire il giusto significato alla vita, altri invece mi hanno insegnato ad apprezzare le piccole cose e godere di quella che tante volte non viene riconosciuta come la “vera felicità”. Dopo una lunga riflessione, ho capito che la riscoperta del sentimento della Gratitudine è stato il dono più prezioso e importante che tanti pazienti hanno potuto offrirmi, educendo in me lo stesso sentimento. Sempre grata. Vorrei concludere con un testo scritto da Madre Teresa di Calcutta, un insegnamento che cerco di seguire ogni giorno, Dai il meglio di te: “L’uomo è irragionevole, illogico, egocentrico. Non importa, amalo. Se fai il bene, diranno che lo fai per secondi fini. Non importa, fai il bene. L’onestà e la sincerità ti rendono vulnerabile. Non importa, sii onesto e sincero. Quello che hai costruito può essere distrutto. Non importa, costruisci. La gente che hai aiutato forse non te ne sarà grata. Non importa, aiutala. Dai al mondo il meglio di te, e forse qualcuno ti prenderà a calci. Non importa, dai il meglio di te.”