Digitali, connessi, globalizzati. La razza umana è in piena trasformazione, e si evolve anche grazie all’uso delle nuove tecnologie digitali. L’incredibile diffusione di cellulari, smartphone e tablet ha trasformato le nostre vite e il mondo intero. Ma succede che l’uso e l’abuso dei Social, ed in particolare di quelli che ci consentono, grazie ai filtri fotografici, di simulare gli effetti dei ritocchi estetici e gli esiti della chirurgia plastica, possono avere effetti negativi sugli utenti e turbare la percezione di sé. Like no-like, bello brutto, trendy no-trendy: i concetti antitetici si concretizzano in regole e canoni estetici per molti giovani utenti, sempre più stregati dalla filtrimania, condizionati dai like dei followers e influenzati dalle popolarissime funzioni aggiuntive che modificano i selfie e intervengono sui tratti del volto. È la Cyber beauty, che oggi ridefinisce, uniforma e determina gli ideali di bellezza delle nuove generazioni: occhi più grandi, zigomi più alti, nasi più piccoli, labbra afro-americane… Volti artefatti che tendono a diventare parametri precisi e matematici, formule scientifiche, assiomi e postulati. Si chiama Dismorfia, una distorsione dell’immagine pericolosa di quanti sopravvalutano i propri difetti e rincorrono il sogno di un viso perfetto. Un caso estremo? In Cina, APP che dispongono di realtà aumentata analizzano il viso dell’utente per una valutazione del miglior trattamento di Chirurgia Plastica o Medicina Estetica da eseguire, e consentono poi di avere accesso ai finanziamenti per sottoporsi all’intervento. Un servizio completo! Quindi oggi i ritocchi sono prodotti che si acquistano on line?
Dottoressa Maria Stella Tarico, chirurgo plastico: “La tendenza è preoccupante. In Cina la nascita di alcune APP come “So-Young” e “GengMei” consentono all’utente la possibilità di ridisegnare i propri tratti somatici e prenotare online operazioni agli oltre 6.000 chirurghi iscritti. Ma come può un’APP essere più affidabile di una consulenza, di una visita medica? Come può la tecnologia digitale sostituire il parere di un chirurgo plastico? Ora un conto è giocare, modificando radicalmente il proprio aspetto con fotoritocchi, luci e trucchetti sui Social, un altro è avere una visione distorta del proprio aspetto e voler somigliare a questa o quella Star”.
– La Dismorfia è un fenomeno in crescita?
“Sì, tra i giovani aumentano quelli che si presentano dal chirurgo portando con sé la propria foto modificata dai filtri. Ma somigliare a Barbie non è bellezza, è una fobia che scaturisce da una visione distorta del proprio aspetto, senza alcuna aderenza con la realtà. La bellezza non può essere standardizzata, è una questione personale e identitaria, e ritoccarsi deve essere una scelta motivata, ponderata, valutata e soprattutto fattibile. La chirurgia plastica e la medicina estetica devono sempre mirare a personalizzare la bellezza in modo naturale, sublimando un viso senza alterarne i lineamenti, rimodellando un corpo senza distorcerne l’aspetto e le fattezze.”
Un accordo di nona in un’opera di Wagner, una melodica dissonanza musicale. Il diastema di Vanessa Paradis, un avvenente difetto fisico che la rende più umana, ma non meno attraente. Gli incisivi di Freddie Mercury, una portentosa malocclusione dentale, un trademark che si trasforma in una caratteristica unica e inimitabile: una maggiore portata vocale. Può un cosiddetto “difetto” esserlo sempre e comunque? Può un dettaglio fuori dai canoni estetici essere giudicato senza considerarne il contesto? E può la bellezza essere omologata?